Oggi in molte università si sono svolti incontri pubblici con personale universitario e parlamentari per parlare del futuro degli atenei italiani.
Siamo andati a quella organizzata dal nostro ateneo dove abbiamo trovato la Digos che provava ad impedirci l’accesso (vedi video allegato a fondo articolo). La polizia, dopo esser stata incalzata dai presenti che hanno visto quanto la scena fosse assurda, ci ha fatto passare; è da notare come sempre più il rettore ed il resto della dirigenza universitaria vogliano gestire la pace sociale in università a suon di arresti, denunce e polizia.
Volevamo entrare ad ascoltare questo confronto ma non è stato possibile, non era quella la ragione dell’evento perchè di confronto non si trattava. Ci siamo ritrovati in mezzo all’ennesima situazione in cui zitti e composti avremmo dovuto ascoltare i buoni propositi di chi ogni giorno ci nega il futuro di cui parla. Oltre a professori, ricercatori e noi pochi studenti, erano presenti i rettori di UniTo e PoliTo, il sindaco e molti parlamentari. Abbiamo preso parola, non per aggiungere dati a un drammatico quadro che l’Università stessa ha messo in luce, quanto per far presente che non pensiamo nessuna delle soluzioni proposte possa vederci entusiasti. Sicuramente è importante pensare a come rifinanziare l’università, eppure pensiamo che il problema sia più profondo, i tagli all’università non sono mera conseguenza della crisi ma l’espressione di una direzione ben precisa, una direzione che va cambiata e ripensata nelle sue linee strutturali.
L’università post-gelmini è solo una tra le tante aziende in cui si lavora a tempo determinato (e in condizioni sempre più insostenibili), in cui le nostre capacità vengono mortificate e sfruttate senza che ci venga dato nulla in cambio. Neanche nell’ambito ristretto delle aule ormai troviamo sollievo, costretti insieme a professori e colleghi a parlare di riassunti e ad imparare nozioni a una velocità che non lascia spazio per alcun confronto e quindi a nessun sapere che possa esserci utile ad altra aspirazione che quella d’esser precari.
Avremmo dovuto aspettare il nostro turno, l’ultimo, per poi parlare di fronte a un uditorio sempre più ridotto all’osso, ma abbiamo deciso di interrompere il teatrino perchè abbiamo trovato insopportabile quella sceneggiata e non abbiamo tempo da perdere con chi invece viene lautamente pagato e si permette pure di lasciarci in ultima fila.
Collettivo Universitario Autonomo di Torino
https://www.youtube.com/watch?v=rb4WpJuxRQQ